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I limiti del bulldozer Trump, le debolezze dell’opposizione

L’attività della presidenza Usa sta sconvolgendo un’economia che però è già destabilizzata dalla crisi apertasi nel 2008. Trump creerà molte contraddizioni, ma i Democratici al momento non sembrano in grado di approfittarne.

Analizzare le varie offensive e gli attacchi della guerra lampo senza precedenti di Trump richiederebbe molte ricerche. Lasceremo ad altri il compito di esaminare gli aspetti importanti della riorganizzazione dell’impero americano. Limiterò la mia analisi ad alcuni punti centrali che indicano i limiti e la portata del bulldozer Trump, nonché le fonti di opposizione.

Il vero problema dei piani di Trump e degli sforzi dei Democratici per bloccarli o minimizzarli, per non parlare dell’offerta di una vera alternativa, risiede nella situazione a lungo termine del capitalismo, soprattutto negli Stati Uniti e in altre economie sviluppate.

Commercio, dazi doganali e costo della vita

Trump ha dato una nuova vita alla conquista imperiale. Il suo interesse per Panama, la Groenlandia e persino il Canada può sembrare pura follia dal punto di vista politico o militare, ma non è del tutto irrazionale dal punto di vista economico. In effetti, la corsa alle terre rare e ai metalli necessari all’intelligenza artificiale e alle tecnologie correlate, così come la competizione per le quote di mercato nell’Artico, fanno parte delle nuove rivalità imperialiste odierne.

La riappropriazione del Canale di Panama darebbe agli Stati Uniti un controllo significativo sul commercio oceanico e sui suoi costi; l’acquisizione della Groenlandia e, cosa ancora più assurda, l’annessione del Canada, conferirebbero alla Grande America il predominio sulle rotte marittime artiche in espansione del Passaggio a Nord-Ovest. Un’alleanza con la Russia rafforzerebbe significativamente la presenza degli Stati Uniti nel passaggio a nord-est dell’Artico, integrando due importanti rotte interoceaniche settentrionali. Entrambe queste soluzioni ridurrebbero notevolmente i tempi di trasporto oceanico. [1]

Ci sono già circa 200 porti liberi dai ghiacci lungo le varie rotte di navigazione artiche, di cui almeno 20 in Groenlandia. [2] Con lo scioglimento della calotta polare, le possibilità diventano, diciamo, non infinite – perché ci porteranno più vicini alla catastrofe climatica – ma nel frattempo, si possono fare un sacco di soldi!

Naturalmente, gli obiettivi di questa fantasia coloniale resisteranno e ci saranno questioni di diritto internazionale. Più che il possesso, è probabile che Trump voglia ottenere accordi simili a quello concluso con Panama.

In questo Paese, la Panama Ports Company, con sede a Hong Kong, ha venduto il 90% delle sue azioni a un consorzio statunitense guidato dal colosso del private equity BlackRock. Ciò le conferisce il controllo dei porti situati all’ingresso del canale sull’Atlantico e sul Pacifico. Inoltre, il Presidente di Panama ha accettato di respingere le iniziative cinesi della Belt and Road in Panama. [3] Un colpo da maestro per Trump.

Forse la Groenlandia sarà convinta a dare la preferenza alle compagnie di navigazione statunitensi nei porti dell’Artico, nonché i diritti sulle terre rare e altri metalli che Trump tanto desidera. Una simile riorganizzazione delle rotte commerciali, tuttavia, sconvolgerebbe le attuali catene di approvvigionamento globali, poiché alcuni vettori sulla costa orientale degli Stati Uniti e in Europa passerebbero dal traffico in direzione est a quello in direzione ovest, modificando le rotte e interrompendo le principali catene di approvvigionamento.

Si suppone che i dazi aumentino le entrate per compensare i tagli fiscali per i ricchi, ma il loro scopo principale è quello di incoraggiare le aziende a investire nel settore manifatturiero negli Stati Uniti, aumentando il costo delle importazioni. I dazi doganali e le tasse rappresentano circa il 3% delle entrate federali degli Stati Uniti. Trump li ha aumentati al 3,65% durante il suo primo mandato e Biden li ha leggermente ridotti. Sebbene le tariffe molto più elevate, oggi proposte, aumenterebbero in qualche modo le entrate, ridurrebbero anche le importazioni, limitando così le nuove entrate tariffarie.

In ogni caso, sebbene le tariffe elevate aumenteranno notevolmente i costi per i consumatori, è improbabile che riescano a compensare i consistenti tagli fiscali. Come afferma uno studio della Casa Bianca di Biden, “è matematicamente improbabile che una tariffa generale possa mai sostituire le entrate dell’imposta sul reddito delle persone fisiche” [4].

Sebbene il settore manifatturiero statunitense abbia registrato una certa ripresa negli ultimi anni, il motivo principale per cui è improbabile che tariffe più elevate determinino una spinta significativa in questo settore risiede nella situazione degli Stati Uniti e della maggior parte delle economie sviluppate dopo la grande recessione del 2008-2010.

Questa situazione è caratterizzata non solo dalla tendenza al ribasso e all’instabilità dei saggi di profitto e dall’estrema disuguaglianza nella distribuzione degli utili negli Stati Uniti, ma anche da circa quindici anni di bassa produttività nel settore manifatturiero – che non mostra segni di miglioramento – nonché da una crescita economica complessiva relativamente lenta, associata a una tendenza inflazionistica.

Di conseguenza, i dazi imposti da Trump su Messico e Canada, poi sospesi e ripristinati fino ad aprile, così come i sorprendenti dazi del 50% sull’acciaio e l’alluminio canadesi, che si aggiungono a quelli imposti alla Cina, accelereranno la tendenza inflazionistica già in atto. [5]

L’industria automobilistica ne è un esempio lampante. Circa il 40% dei veicoli venduti negli Stati Uniti da Stellantis [gruppo PSA e Fiat Chrysler Automobiles], il 30% da Ford e il 25% da GM sono prodotti in Canada o in Messico. Anche Nissan, Honda e Volkswagen producono automobili in Messico destinate all’esportazione negli Stati Uniti. È chiaro che una tariffa del 25% comporterebbe un aumento significativo dei prezzi di vendita. Ma anche le auto e i camion “Made in the USA” fanno affidamento su parti importate.

Uno studio recente dell’OCSE dimostra che i componenti importati da Messico e Canada rappresentano in media il 10% del costo delle auto prodotte negli Stati Uniti, mentre i componenti cinesi aggiungono un ulteriore 5,4%. [6] È ovvio che le tariffe elevate su questi input, non solo nell’industria automobilistica ma nell’intero settore manifatturiero, porteranno ad un aumento generale dei prezzi, anche al di là delle tendenze inflazionistiche di fondo del capitalismo contemporaneo.

Una stima delle tariffe proposte finora, comprese quelle su Messico, Canada e Cina, prevede un aumento dei costi pari a 600 miliardi di dollari. [7] Questo sarà un problema serio per Trump, che ha vinto la campagna elettorale in parte grazie alla promessa di controllare il costo della vita.

Riduzione dello Stato o pulizia politica ed etnica?

Oggi il governo federale impiega circa 3 milioni di dipendenti pubblici, rispetto al picco di 3,4 milioni registrato nel 1990, senza alcun taglio al bilancio. Questa cifra è aumentata sotto Reagan [1981-1989], è leggermente diminuita sotto Clinton [1993-2001] e Obama [2009-2017], per poi aumentare sotto Trump e Biden. Ma negli ultimi cinquant’anni non è mai sceso sotto i 3 milioni. Né la spesa è diminuita in modo significativo negli ultimi decenni. [8]

Elon Musk sostiene che il suo DOGE (Dipartimento per l’efficienza governativa) ha eliminato 200.000 posti di lavoro federali. Ciò riporterebbe il numero di posti di lavoro al livello del 2016 sotto Obama, che è ben lungi dall’essere sufficiente a finanziare i regali che Trump propone ai ricchi. Nonostante le critiche provenienti da più parti, Musk afferma che i vertici delle agenzie faranno il resto del lavoro sporco e che lui passerà alla nuova digitalizzazione dei sistemi già digitalizzati delle agenzie. [9]

Tuttavia, DOGE ha già incontrato problemi da varie fonti, tra cui i tribunali e, naturalmente, i funzionari federali e i loro sindacati. Non è quindi certo che tali riduzioni saranno permanenti. Se, d’altro canto, verranno mantenuti e addirittura rafforzati, il governo avrà più probabilità di dover affrontare interruzioni e chiusure anziché guadagni di efficienza.

Questo potrebbe piacere a Trump, Musk e ai loro colleghi miliardari, ma i cittadini colpiti da queste misure non saranno contenti, e saranno molti, compresi gli attuali sostenitori del MAGA. Inoltre, un numero crescente di aziende che hanno contratti con il governo o dipendono dalla sua approvazione hanno espresso preoccupazione nei loro ultimi rapporti trimestrali in merito al caos creato dal DOGE. [10]

Oltre alla prevista deportazione disumana di milioni di immigrati, una delle misure in esame che avrà probabilmente le conseguenze sociali più immediate e provocherà una forte reazione è la proposta di riduzione del programma Medicaid [che copre le spese mediche per le persone con redditi molto bassi o con disabilità]. I repubblicani della Camera hanno già proposto nella loro risoluzione di bilancio di tagliare il programma Medicaid di 880 miliardi di dollari in dieci anni. Si tratterebbe di una porzione significativa dei 660 miliardi di dollari attuali che costituiscono annualmente il bilancio di Medicaid.

Sebbene il sistema assistenziale sanitario sia ancora considerato un programma per i poveri, in realtà ne beneficiano 72 milioni di persone. Quei tagli colpirebbero più duramente i collegi elettorali democratici, poiché si trovano in stati che hanno ampliato il Medicaid nell’ambito dell’Affordable Care Act (l’Obamacare, ndt), ma ne risentirebbero anche molti collegi elettorali repubblicani. Ad esempio, nel distretto della Louisiana, presieduto dal presidente repubblicano della Camera Mike Johnson, un terzo della popolazione riceve il Medicaid. Alcuni rappresentanti repubblicani hanno espresso preoccupazione per le conseguenze elettorali di tali tagli. [11]

I tagli drastici al programma Medicaid indebolirebbero anche gli ospedali e le case di cura nei distretti più colpiti. Medicaid e Medicare [che coprono le spese mediche degli anziani] rappresentano insieme quasi un terzo delle entrate ospedaliere. Medicaid da solo fornisce circa il 14 percento di queste entrate, e una quota maggiore è destinata alle case di cura. I tagli al bilancio proposti porterebbero alla chiusura di alcuni servizi sanitari e al licenziamento del personale. Di conseguenza, le comunità maggiormente colpite dai tagli al bilancio e che già devono far fronte a servizi medici insufficienti vedrebbero le loro strutture sanitarie scarseggiare.

Questi tagli avranno un impatto anche sui bilanci statali nel loro complesso, poiché i fondi Medicaid federali e statali rappresentano in media il 28 percento delle entrate statali. [12] L’opposizione ai tagli al Medicaid ha già assunto la forma di ricorsi legali presentati da un’alleanza di procuratori generali statali democratici.

La maggior parte dei tagli al bilancio effettuati finora sono stati mirati non solo a ridurre o eliminare le agenzie che aiutano i poveri e la classe operaia negli Stati Uniti e all’estero, ma anche ad affermare il potere presidenziale e il controllo esecutivo su tutti gli aspetti della burocrazia amministrativa.

Settemila dipendenti del programma USAID sono stati licenziati o messi in congedo, insieme a 1.700 dipendenti del Consumer Financial Protection Bureau, tre alti funzionari della Equal Employment Opportunity Commission e due del National Labor Relations Board (NLRB), perennemente a corto di personale.

I nuovi responsabili delle agenzie di Trump hanno inoltre effettuato epurazioni politiche presso il Dipartimento di Stato, il Consiglio di sicurezza nazionale, l’Ufficio per la democrazia, i diritti umani e il lavoro e due comitati consultivi economici presso il Dipartimento del Commercio. Il licenziamento dei 18 ispettori generali che sovrintendono a tutte le principali agenzie federali, ovvero la rimozione di ogni controllo obiettivo e di ogni trasparenza, è un chiaro segnale del crescente potere e della libertà d’azione del presidente.

Trump/Musk hanno anche licenziato più di una dozzina di procuratori federali che stavano indagando sulle attività criminali di Trump. [13] E così via.

Da quando Woodrow Wilson [1913-1921] segregò gran parte della burocrazia federale, nessun presidente aveva mai preso misure così apertamente razziste contro i dipendenti federali. Una delle prime azioni di Trump è stata quella di porre fine a tutti i programmi DEI (diversità, equità e inclusione). A ciò ha fatto seguito il licenziamento o la messa in congedo del personale addetto alla DEI in tutto il governo.

A metà febbraio, tra questi rientravano il Dipartimento degli Affari dei Veterani, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente (EPA), il Dipartimento dell’istruzione, la Commissione per le pari opportunità di lavoro (EEOC) e persino la Guardia costiera. [14] Con la deportazione pianificata di milioni di immigrati, questo è un ulteriore passo avanti nell’impegno di Trump per “rendere l’America di nuovo bianca”, cosa che non è mai avvenuta. Sono già scoppiate delle proteste per opporsi a questo palese razzismo e se ne prevedono altre.

Per completare la pulizia etnica del governo a favore della plutocrazia, o addirittura dell’oligarchia, Trump ha nominato non meno di 13 miliardari e un numero aggiuntivo di multimilionari in posizioni di alto livello della sua amministrazione. Alcuni sono amici di Donald Trump, molti lavorano nella finanza, nel private equity o nel settore immobiliare. Insieme, varrebbero 380 miliardi di dollari.

Questo senza considerare Elon Musk, la cui fortuna, stimata in oltre 400 miliardi di dollari, supera quella dell’intero gruppo, almeno fino al crollo del prezzo delle azioni Tesla avvenuto a marzo. [15] Questo è un bel casting per un cosiddetto populista.

Gli ostacoli alla MAGAnomics, le radici della resistenza

Gli ostacoli alla realizzazione del sogno di Trump di una “Fortezza America” basata su un’economia manifatturiera fiorente e le radici della crescente resistenza risiedono in parte nella consolidata situazione economica degli Stati Uniti e del mondo. Dico “in parte” perché l’azione sociale degli esseri umani non è mai un semplice riflesso delle condizioni economiche.

Trump andrà controcorrente rispetto all’economia il più a lungo possibile, e l’inflazione o la resistenza popolare alle deportazioni contribuiranno, ma non garantiranno, l’emergere di un numero crescente di leader e organizzazioni di base, compresa la potenziale crescita dei sindacati. Come molti altri, ho spesso sostenuto la necessità di una “minoranza militante” della classe lavoratrice consapevole e ben organizzata, come quella emersa negli anni ’30, che guidi la resistenza di massa.

È ormai quasi universalmente riconosciuto che il capitalismo nelle economie avanzate, con gli Stati Uniti al centro e la Cina che lo sta raggiungendo, ha rallentato fino a raggiungere un punto morto nell’ultimo decennio e probabilmente continuerà a questo ritmo. Lo confermano anche il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Come ha affermato lo scorso anno la direttrice del FMI Kristalina Georgieva, il resto del decennio si presenta “cupo e deludente” e “senza una correzione di rotta, ci dirigeremo verso dei tiepidi anni 20”. [16] Sebbene questa realtà sia dibattuta, da un punto di vista marxista, il declino generale dei saggi di profitto, con alcuni alti e bassi, ha limitato gli investimenti nei settori produttivi dell’economia.

Inoltre, anche se i super-ricchi spendessero meno delle nuove agevolazioni fiscali in criptovalute, azioni e altre speculazioni finanziarie (contro il parere di Trump), il successo sarebbe sicuramente limitato. L’economia statunitense è stata distorta da investimenti sproporzionati nello sviluppo di infrastrutture gigantesche (molto costose ed ecologicamente disastrose) necessarie per l’intelligenza artificiale (IA) generativa e le tecnologie correlate. Gran parte di questo investimento avrà probabilmente scarso utilizzo pratico a livello industriale, anche se Musk ne assorbisse una parte per rimodellare lo Stato.

L’enorme capitale assorbito dal settore dell’intelligenza artificiale ha, a sua volta, contribuito a minare la produttività nel resto dell’economia, in particolare nella produzione e nella circolazione dei beni. Nel tentativo di aumentare i profitti, le aziende hanno aumentato i prezzi, contribuendo all’inflazione. Nel complesso, queste tendenze indicano un periodo di “stagflazione” analogo a quello degli anni ’70, piuttosto che una nuova “età dell’oro”. [17]

Negli Stati Uniti, gli utili non finanziari sono aumentati di anno in anno, ma la loro distribuzione ha impedito un periodo di crescita generale. Da un lato, centinaia di miliardi per l’intelligenza artificiale e un piccolo gruppo di grandi aziende (principalmente le “Magnifiche Sette” della tecnologia); dall’altro, le aziende “zombie” in declino, con profitti bassi o nulli, che rappresentano il 20-30% di tutte le aziende degli ultimi anni, e quelle nella fascia media che non raggiungono il punto di pareggio. [18]

La distribuzione degli utili è illustrata dal fatto che, misurato in termini di tasso di margine netto, le aziende del settore dell’informatica hanno un tasso di profitto doppio rispetto alla media. Con così tante aziende che segnalano bassi rendimenti sugli investimenti, i tassi di profitto medi sono nuovamente diminuiti dal 2022. [19]

Inoltre, l’idea che l’intelligenza artificiale generativa porterà a una rinascita della produzione è un’altra utopia tecnologica. Come sottolinea il noto esperto di intelligenza artificiale Daron Acemoglu, entro la fine del 2024 “solo circa il 5% delle aziende negli Stati Uniti dichiara di utilizzare l’intelligenza artificiale”. E aggiunge: «L’intelligenza artificiale è una tecnologia informatica. Non preparerà la tua torta né taglierà il tuo prato. Né prenderà il controllo delle aziende o della ricerca scientifica. Piuttosto, può automatizzare una serie di compiti cognitivi che vengono tipicamente eseguiti in ufficio o davanti a un computer.» [20]

Uno studio recente della Brookings Institution è giunto alla stessa conclusione: “È improbabile che l’intelligenza artificiale sconvolga in modo significativo il lavoro manuale, fisico e di routine, a meno che non si verifichi una svolta tecnologica nella robotica”. » [21] Quest’ultimo non ha avuto alcun impatto sulla produttività del settore manifatturiero o dei trasporti per oltre un decennio, nonostante alcuni nuovi sviluppi.

Un sondaggio del Pew Research Center del 2025 ha rilevato che quasi l’80% dei lavoratori non utilizza l’intelligenza artificiale o non ne ha mai sentito parlare sul posto di lavoro. Inoltre, coloro che ne fanno uso sono concentrati in poche “aree metropolitane altamente qualificate”, vale a dire San Jose, San Francisco, Durham, New York e Washington, DC, e non nelle grandi città industriali.

L’intelligenza artificiale potrebbe accelerare ed eliminare molti posti di lavoro, ma questi non riguarderanno principalmente la produzione e il trasporto di beni o la maggior parte dei servizi che richiedono sforzo fisico e spostamenti, ovvero la maggior parte dei lavori della working class. [22]

Infine, l’inflazione quasi certamente indebolirà i piani di Trump e, allo stesso tempo, genererà una maggiore resistenza da parte di un numero maggiore di lavoratori. Ciò rischia di incoraggiare sia la militanza sindacale sia la creazione di nuove organizzazioni, nonostante l’indebolimento del NLRB da parte di Trump e la generale intolleranza antisindacale.

La bassa produttività, abbinata alla stagnazione a lungo termine dei salari reali e all’aumento dei margini di profitto (anche se distribuiti in modo non uniforme), tende a far salire i prezzi e ad alimentare l’inflazione. Dopo un leggero calo a partire da febbraio 2024, l’inflazione è nuovamente aumentata tra settembre e gennaio 2025, raggiungendo il 3% per tutti i beni, prima di scendere leggermente al 2,8% a febbraio, dovuto quasi interamente al calo dei prezzi dei biglietti aerei e delle auto, un calo che non durerà a lungo con i dazi imposti da Trump.

Nel complesso, Goldman Sachs prevede che i dazi di Trump aumenteranno l’inflazione di un punto percentuale nel 2025. [23] La crescita del PIL reale è scesa al 2,3% durante questo periodo e la disoccupazione è rimasta intorno al 4%. Nonostante l’aumento dei profitti, gli investimenti fissi sono diminuiti e i fallimenti aziendali sono aumentati, il che suggerisce una “stagflazione”, ovvero una crescita lenta abbinata all’aumento dei prezzi. [24]

Gli scioperi, ovviamente, non riguardano solo i salari; le questioni relative alle condizioni di lavoro sono spesso ancora più importanti. Anche in questo caso è prevedibile una certa resistenza, poiché i datori di lavoro cercano di incrementare i loro profitti in calo intensificando il lavoro, spesso grazie alle tecnologie digitali.

Tuttavia, al momento, a inizio 2025, non si registra alcun aumento degli scioperi. Come riportato dal Labor Action Tracker dell’Institute for Labor Research (ILR), il numero di scioperi è sceso da 471 nel 2023 a 359 nel 2024, mentre il numero di scioperanti è sceso da 539.000 a 293.000. Questi livelli, tuttavia, rimangono ben al di sopra di quelli del 2022 e del 2021. Tuttavia, all’inizio di marzo di quest’anno, l’ILR aveva registrato solo 36 scioperi, un numero significativamente inferiore rispetto ai tre anni precedenti. [25]

Il numero di scioperanti nel 2023 è stato rafforzato da un’importante contrattazione collettiva, tra cui quella dei 160.000 attori della SAG-AFTRA (Screen Actors Guild – American Federation of Television and Radio Artists), dei 75.000 membri della SEIU (Service Employees International Union) presso la Kaiser Permanente [un consorzio di assistenza integrata] e dei 65.000 insegnanti di Los Angeles. [26] Due ragioni possono spiegare questo calo degli scioperi: il rallentamento dell’aumento dei prezzi al consumo per gran parte del 2024 e il minor numero di contratti in scadenza rispetto al 2023, anno in cui si verificano la maggior parte degli scioperi.

Tuttavia, per quanto riguarda gli scioperi più importanti che coinvolgono 1.000 o più lavoratori, il loro numero è aumentato, con 31 scioperi che hanno coinvolto 271.500 lavoratori, ovvero oltre il 90% del totale, a partire dal 2024. Il numero di scioperi più importanti è stato di gran lunga superiore a quello di qualsiasi altro anno dal 2000, mentre anche il numero di scioperanti è stato superiore a quello della maggior parte degli anni successivi al 2000, ad eccezione del 2023 e dell’ondata di scioperi degli insegnanti negli “stati rossi” [repubblicani] nel 2018-2019.

I settori maggiormente colpiti dagli scioperi sono stati l’istruzione e la sanità; la maggior parte di essi si è verificata a ovest, a dimostrazione dei cambiamenti avvenuti all’interno della classe lavoratrice. [27] Una quota importante dei contratti in scadenza nel 2025 riguarda i servizi di istruzione e sanità, il che suggerisce un numero significativo di scioperi su larga scala.

D’altro canto, la sindacalizzazione ha subito una certa accelerazione nel 2024 grazie al miglioramento del NLRB e a tattiche più audaci, anche se questo resta ben lontano da ciò di cui il movimento operaio ha bisogno per crescere davvero. Secondo le stime del Bureau of Labor Statistics (BLS), il numero degli iscritti ai sindacati è rimasto praticamente invariato, con un aumento di sole 31.000 unità, trainato solo dai settori dell’istruzione e della sanità. [28] Tuttavia, le vittorie iniziali, anche parziali, ottenute dai Teamsters in Amazon e gli scioperi orizzontali nei vari stabilimenti organizzati dall’UAW potrebbero annunciare una svolta importante, con o senza l’aiuto del NLRB.

Allo stesso tempo, i movimenti di riforma degli ultimi anni hanno spinto per una maggiore democrazia e azione in numerosi sindacati, tra cui gli United Auto Workers (UAW), i Teamsters, i sindacati ferroviari, gli United Food and Commercial Workers, i Theatrical and Stage Employees, i Professional and Technical Engineers e la National Association of Letter Carriers.

Seguendo l’esempio dei Teamsters della UPS nel 2023, un numero maggiore di lavoratori si è impegnato in campagne attive per ottenere contratti e rifiutare quelli loro offerti, ottenendo spesso risultati significativi attraverso la seria minaccia di uno sciopero. [29] Questi elementi indicano che, anche se il livello degli scioperi e l’intensificazione della sindacalizzazione restano bassi rispetto agli standard storici, le nuove tattiche e il maggiore coinvolgimento della base suggeriscono che la “maggioranza militante” sta crescendo.

Sarà ancora più difficile vincere con mezzi convenzionali nel 2025, non solo perché Trump farà tutto ciò che è in suo potere per impedire le vittorie, smantellare i sindacati e attaccare i lavoratori immigrati che svolgono un ruolo chiave in molti settori, ma anche a causa del problema di fondo della redditività. Oltre ai deboli profitti per molte aziende, i costi di produzione sono già aumentati, come dimostra l’aumento dell’indice dei prezzi alla produzione BLS, e i datori di lavoro si opporranno ai notevoli guadagni realizzati negli ultimi due anni. [30]

Ma allo stesso tempo l’aumento del costo della vita incoraggerà i lavoratori a mobilitarsi. È impossibile prevedere quale di queste forze contrastanti prevarrà, ma il conflitto di fondo si è intensificato. Crescono i segnali di resistenza, sia nella contrattazione collettiva sia nell’opposizione alle espulsioni di massa dei lavoratori immigrati.

Ad esempio, il Chicago Teachers Union sta cercando di creare una coalizione di sindacati locali disposti a contrastare le iniziative di Trump. Dal punto di vista strategico, sulla base dei successi dei Teamsters e di altri nell’ultimo anno circa, una svolta significativa in Amazon o in altre aziende altamente redditizie potrebbe modificare radicalmente l’equilibrio di potere tra le classi.

I democratici disorientati, in declino e in disordine

Il Partito Democratico è uno dei pochi settori in cui la resistenza è palesemente assente. Dai politici attuali ed ex politici agli strateghi e opinionisti solidali, ai consulenti associati, agli editorialisti dei giornali e ai principali donatori, tutti sono disillusi e divisi sulla sconfitta elettorale del partito, sulla perdita del suo elettorato tradizionale, sul suo futuro e sulla strada da seguire.

Sono troppo “woke” (svegli) o non abbastanza svegli? Opporsi o collaborare (quando possibile)? “Fingersi morti” (James Carville – consulente strategico del Partito Democratico) o “aspettare e vedere” (Hakeem Jeffries – leader della minoranza democratica alla Camera). O forse il vecchio ritornello: “È l’economia, stupido”. Mentre si osservano occasionali, quanto retoriche, denunce dei miliardari, non c’è alcuna reale messa in discussione delle politiche economiche e sociali che potrebbero convincere gli elettori.

Tutti sembrano concordare su un punto: nonostante i candidati alle presidenziali del 2028 siano numerosi, questo partito manca di leader e di leadership. Inoltre, secondo politici ed esperti, il problema risiede nel “messaggio” e nel “brand” del partito. [31]

É il linguaggio della pubblicità, non quello della politica o delle politiche pubbliche, e ancor meno quello di un’organizzazione popolare. È il quadro analitico di un partito che spende miliardi in pubblicità, consulenti e burocrazia, che non ha iscritti né una base organizzata e che dipende dalla generosità dei donatori. La sua base elettorale è un pubblico individualizzato, che sta perdendo sempre di più.

Non è sempre stato così. Qualunque sia l’opinione che si ha dei limiti della New Deal Coalition [che sostenne il Partito Democratico nel 1932], crollata molti decenni fa – ed erano molti limiti – quella era radicata nei quartieri urbani attraverso le vecchie macchine elettorali, per quanto corrotte, con le loro organizzazioni di contea, i loro sistemi di circoli politici e, dopo il 1937, i loro attivi sindacati industriali. Negli anni ’70 quelle macchine scomparvero, ormai prive di clienti a causa dei cambiamenti demografici urbani, i club furono abbandonati e le organizzazioni dipartimentali svuotate della loro sostanza. [32]

Già prima della scomparsa dei posti di lavoro nell’industria e del declino dei sindacati, questi ultimi, che avevano adottato sempre più il sindacalismo aziendale, avevano perso la capacità di mobilitare politicamente i propri iscritti. La politica e il sostegno politico, come la contrattazione collettiva, erano diventati prerogativa del management. Nei luoghi di lavoro, le controversie venivano sempre più risolte ai massimi livelli e i rappresentanti e i comitati sindacali venivano ridotti a un lavoro sociale legalizzato anziché a un’azione e a una mobilitazione economica e politica.

Così, dopo una breve impennata all’80%, contro Goldwater nel 1964 [Lyndon B. Johnson ottenne il 61,1% dei voti e Barry Goldwater il 38,5%], in assenza di una resistenza organizzata alla “reazione bianca” della fine degli anni ’60, il voto delle famiglie sindacalizzate democratiche e dei membri bianchi dei sindacati è poi crollato. Da allora, la percentuale di famiglie sindacalizzate che votano democratico è rimasta ferma tra il 55% e il 60%, fatta eccezione per il 1976, dopo otto anni di Nixon, senza mai riprendersi, nemmeno dopo quattro anni di Trump. [33]

Al loro posto, a partire dagli anni ’70, sono arrivati i PAC (i sistemi di raccolta di fondi elettorali, ndt), seguiti da ricchi donatori, costosi consulenti e comitati di partito di alto livello sempre più finanziati e dotati di personale [34]. Nel 2024, i tre principali comitati nazionali democratici, esclusi i fondi raccolti da PAC, singoli candidati e partiti statali, hanno speso più di 2 miliardi di dollari, rispetto ai 620 milioni di dollari del 2000, gran parte dei quali destinati a media e consulenti. [35]

Dal punto di vista politico, i centristi che ora controllano questi comitati di partito non hanno intenzione di cambiare questa situazione, né hanno in programma alcuna politica economica volta a modificare la percezione che i Democratici siano il partito del (vecchio e insoddisfacente) status quo.

Il problema principale che la leadership democratica deve affrontare oggi è l’erosione della sua base elettorale, che si è manifestata nel 2024 con una perdita di sei milioni di voti rispetto al 2020, in particolare con il continuo calo del voto degli uomini neri e il forte calo del voto dei latinoamericani. [36]

Negli ultimi due decenni, il numero di elettori registrati che si identificano pienamente come democratici è sceso dal 37-40% al 33% nel 2024. La situazione non è stata migliore nelle elezioni statali, dove la percentuale di legislatori democratici è scesa a una minoranza, al 44%, per la prima volta in oltre cento anni. [37]

Le condizioni economiche sopra esaminate, unite alla mancata tassazione dei redditi elevati, all’eccessiva ricchezza individuale e agli esorbitanti profitti dei giganti della finanza e dell’alta tecnologia dovuti alla dipendenza dei Democratici da loro, nonché all’ideologia della maggior parte dei politici e dei funzionari, rendono difficile per i Democratici sostenere una significativa ridistribuzione della ricchezza.

Ecco perché la copertura sanitaria universale, l’occupazione garantita, gli alloggi a basso costo, l’aumento del salario minimo, il controllo dei prezzi in tutte le loro forme, lo sviluppo massiccio delle energie rinnovabili, ecc. non vengono presi seriamente in considerazione.

Inoltre, le elezioni del 2024 hanno ulteriormente focalizzato l’attenzione sul partito nazionale. Alla Camera dei rappresentanti, la Squad [Alexandria Ocasio-Cortez, Ilhan Omar, Ayanna Pressley, Rashida Tlaib e altre] ha perso due membri e il Progressive Caucus non ha registrato alcun guadagno netto. Al contrario, 23 dei 33 democratici appena eletti alla Camera hanno aderito alla New Democratic Coalition (New Dems), un gruppo centrista che ora è di gran lunga il più numeroso alla Camera.

Come se non bastasse, i New Dems hanno scelto come presidente il conservatore Brad Schneider (Illinois), membro del Blue Dog [una componente molto moderata del Partito Democratico]. Ogni speranza che questo gruppo possa combattere seriamente contro Trump o migliorare le politiche economiche e sociali del partito è utopica.

I democratici potrebbero riconquistare il Congresso nel 2026 a causa della reazione negativa agli eccessi di Trump. Questa battaglia, tuttavia, si combatterà in poco più di 40 circoscrizioni (su 435) che sono effettivamente contendibili. Molti di loro vivono in circoscrizioni suburbane sproporzionatamente ricche, dove il “messaggio” sarà moderato, escludendo qualsiasi spostamento a sinistra. I candidati “in prima linea” scelti personalmente dal partito per difendere i collegi democratici contesi sono in larga maggioranza neodemocratici moderati.

Ciò significa la continuazione di un ciclo in cui alla Camera il centro prevarrà sulla destra o, peggio, l’ascesa della destra con o senza Trump, piuttosto che la speranza di un cambiamento progressista. A meno che l’opposizione popolare non cresca rapidamente e la sinistra non prenda sul serio la propria narrativa sulla costruzione di un partito dei lavoratori, anche se si trattasse solo di qualche esperimento in questa direzione nel 2026.

Kim Moody  ha fondato la rete sindacale Labor Notes nel 1979. Questo articolo è stato pubblicato sul sito Against the Current https://againstthecurrent.org/atc236/diktats-doges-dissent-democrats-in-disarray-in-the-era-of-trump/

Note

  1. Nordregio.org., Rotte marittime e porti nell’Artico, Nordregio.org., gennaio 2019,  https://nordregio.org/maps/sea-routes-and-ports-in-the-Arctic
    2. Staff del Guardian, “Un’azienda statunitense prenderà il controllo dei porti sul canale di Panama in un accordo da 14 miliardi di dollari”, The Guardian, 5 marzo 2025: 2.

    3. Casa Bianca, Le tariffe come principale fonte di entrate: implicazioni per la distribuzione e la crescita, Casa Bianca, 12 luglio 2024,  https://bidenwhitehouse.archives.gov/cea/written-materials/2024/07/12/tariffs-as-a-major-revenue-source-implications-for-distribution-and-growth/ ; Felix Richter, “I dazi non sono una fonte significativa di entrate governative”, Statista, 12 novembre 2024,  https://www.statista.com/chart/33464/us-government-receipts-in-fy-2023-by-source/
    4. BLS, Manifatturiero: NAICS 31-33, Industries at a Glance, 19 febbraio 2025. Vedi sotto.

    5. Kana Inagati, et al. “Come l’industria automobilistica è esposta ai dazi di Donald Trump”, Financial Times, 29 novembre 2024,  https://www.ft.com/content/3d21261d-6c58-4487-9191-1c848df9fde9
    6. Michael Roberts, “Il ‘piccolo disturbo’ di Trump”, Michael Roberts Blog, 5 marzo 2025. USAFacts, Quante persone lavorare per il governo federale?

    7. USAFacts, 19 dicembre 2024,  https://usafacts.org/Arcticles/how-many-people-work-for-the-federal-government/
    8. Elizabeth Dwoskin, Faoz Siddiqui ed Emily Davies, “I disordini all’interno di DOGE si riversano all’attenzione del pubblico mentre il gruppo di Musk affronta una crisi di pubbliche relazioni”, The Washington Post, 10 marzo 2025.  https://www.washingtonpost.com/technology/2025/03/10/doge-musk-rebrand-trump-conflicts/
    9. Douglas MacMilan, Aaron Schaffer e Daniek Gilbert, “Le aziende avvertono gli investitori che i tagli federali di DOGE potrebbero danneggiare il business”, The Washington Post, 9 marzo 2025.

    10. Michael Kinnucan, “I repubblicani vogliono smantellare Medicaid. Potrebbero pentirsene”, New York Times, febbraio 28, 20205,  https://www.nytimes.com/2025/02/28/opinion/medicaid-republicans.html  ; Margot Sanger-Katz e Alicia Parlapiano, “Cosa possono tagliare i repubblicani alla Camera invece di Medicaid? Non molto”, New York Times, 25 febbraio 2025,  https://www.nytimes.com/2025/02/25/upshot/republicans-medicaid-house-budget.html
    11. Jenny Yang, “Quota delle entrate ospedaliere negli Stati Uniti nel 2021, per mix di pagatori”, Statista, 15 luglio 2024  https://www.statista.com/statistics/1029719/composition-of-hospital-revenue-by-payer-contribution-in-the-us/#:~:text=In%202021%2C%20Medicare%20payments%20contributed%20to%208.9%20percent,notified%20via%20email%20when%20this%20statistic%20is%20updated  ; Kinnucan; e Sanger-Katz e Parlpiano.

    12.Amy Schoenfeld, et. et al., “Dove Trump, Musk e DOGE hanno tagliato finora i dipendenti federali”, New York Times, 11 febbraio 2025, https://www.nytimes.com/interactive/2025/02/11/us/politics/trump-musk-doge-federal-workers.html  ; Reuters, “L’amministrazione Trump scioglie due comitati di esperti sui dati economici”, Reuters, 5 marzo 2025,  https://www.reuters.com/world/us/trump-administration-disbands-two-expert-panels-economic-data-2025-03-05/
    13.Schoenfeld, op cit.

    14. Peter Charalambous, et. et al., “Trump ha scelto un numero senza precedenti di 13 miliardari per la sua amministrazione. Ecco chi sono”, ABC News, 18 dicembre 2024,  https://abcnews.go.com/US/trump-tapped-unprecedented-13-billionaires-top-administration-roles/story?id=116872968; The Economic Times, Notizie, “I miliardari nel team Trump 2.0 valgono oltre 380 miliardi di dollari, superando il PIL di 172 paesi”, 3 gennaio 2025,  https://economictimes.indiatimes.com/news/international/global-trends/billionaires-in-trump-2-0-team-elon-musk-vivek-ramaswamy-warren-stephens-linda-mcmahon-jared-isaacman-howard-lu tnick-steven-witkoff-doug-burgum-scott-bessent-worth-over-380-bn-exceeding-172-countries-gdp/Articleshow/116919672.cms?utm_source=contentofinterest&utm_medium=text&utm_campaign=cppst
    15. Michael Roberts, “I tiepidi anni Venti”, Blog di Michale Roberts, 14 aprile 2024.

    16.Ascension Mejorado e Manuel Roman, Il declino della redditività e l’evoluzione dell’economia statunitense: una prospettiva classica, New York: Routledge, 2024; Michael Roberts, La lunga depressione: come è accaduta, perché è accaduta e cosa succederà dopo (Chicago: Haymarket Books, 2016); Anwar Shaikh, Capitalismo: competizione, conflitto, crisi, Milano: Feltrinelli, 2016; “Blog” di Michael Roberts citato di seguito. Per quanto riguarda i cambiamenti nella logistica e il calo della produttività, vedere Kim Moody, “The End of Lean Production & What Lies Ahead for Labor: The US Experience”, Capital & Class, di prossima pubblicazione.
    17.Mejorado e Romano: 14, passim; Michael Roberts, “Dai magnifici sette alle centinaia disperate”, Michael Roberts Blog, 7 aprile 2024.
    18. Full:ratio, Margine di profitto per settore, marzo 2025,  https://fullratio.com/profit-margin-by-industry  ; Michael Roberts, “Profits: margins and rates,” blog di Michael Roberts, 18 marzo 2024.
    19. Daron Acamoglu, “America is Sleepwalking into an Economic Storm,” New York Times, 17 ottobre 2024,  https://www.nytimes.com/2024/20/17/opinion/economy-us-aging-work-force-ai.html
    20. Molly Kinder, et. et., “Intelligenza artificiale generativa, il lavoratore americano e il futuro del lavoro”, Brookings Institution, 10 ottobre 2024.

    21. Mark Muro, et. et al., La geografia dell’impatto dell’intelligenza artificiale generativa sulla forza lavoro sarà probabilmente diversa da quella delle tecnologie precedenti”, Brookings Institution, 19 febbraio 2025.
    22. Robert Kuttner, “La stagflazione di Trump”, The American Prospect, 12 marzo 2025.
    23.BLS, Indice dei prezzi al consumo – Febbraio 2025, USDL-25-0332, 12 marzo 2025; BLS, Situazione occupazionale – Febbraio 2025 USDL-25-0296, 7 marzo 2025; BEA, Prodotto Interno Lordo, 4° Trimestre e Anno 2024, BEA 25-05, 27 febbraio 2025; Michael Roberts, “Un sentore di stagflazione”, Michael Roberts Blog, 17 febbraio 2025.
    24. Deepa Kylasam Lyer, et. e altri, Labor Action Tracker: Rapporto annuale 2024: 3-4, 11.
    25. Jenny Brown, “Grandi scioperi, maggiori guadagni”, Labor Notes 538, gennaio 2024: 8-10.
    26. BLS, Principali scioperi nel 2024, USDL-25-0226, 20 febbraio 2025; BBLS, Scioperi del lavoro, Scioperi annuali che coinvolgono 1.000 o più lavoratori, 1947 – Presente, 20 febbraio 2025.
    27. BLS, Sindacalizzati 2024, USDL-25-0105, 28 gennaio 2025.
    28. Vedi Jenny Brown, “Scioperi e organizzazione segnano progressi, ma si profilano nubi temporalesche”, Labor Notes 550, gennaio 2025: 8-10.
    29. BLS, Indici dei prezzi alla produzione – Gennaio 2025, USDL-25-0176, 13 febbraio 2025.
    30. Le citazioni occuperebbero pagine, ma le fonti principali sono New York Times, Washington Post, Politico, The Hill, Jacobin, HuffPost.
    31. Steven P. Erie, Rainbow’s End: Irish-Americas and the Dilemmas of Urban Machine Politics, 1840-1985, Berkeley: University of California Press, 1988; Dennis R. Judd e Todd Swanstrom, Politica cittadina: l’economia politica dell’America urbana; Iro Katznelson, City Trenches: Urban Politics and the Patterning of Class in the United States, Chicago: University of Chicago Press, 1981.
    32. Per alcune analisi di questo argomento, vedere: Mike Davis, Prisoners of the American Dream: Politics and Economy in the History of the US Working Class, Verso, 1986; Kim Moody, US Labor in Trouble and Transition: The Failure of Reform From Above, The Promise of Revival From Below, Londra: Verso, 2007.
    33. Esistono molti resoconti in merito, ma per uno sguardo recente all’ascesa del denaro, nonostante il titolo fuorviante: Ryan Grim, We’ve Got People: From Jesse Jackson to Alexandria Ocasio-Cortez, the End of Big Money and the Rise of a Movement, Washington DC: Strong Arm Press, 2019; anche Kim Moody, Breaking the Impasse: Electoral Politics, Mass Action & The New Socialist Movement in the United States, Chicago: Haymarket Books, 2022.
    34. OpenSecrets.com, Political Parties, 20204, 2000.
    35. Per maggiori dettagli vedi: Kim Moody, “The Democrats’ Path to Defeat,” Against the Current #234, febbraio 2025: 14-18; Howie Hawkins, “Un paradosso politico: un pubblico progressista elegge un presidente di estrema destra”, New Politics Vol. XX n. 2, inverno 2025: 3-16.
    36. Pew Research Center, “Lo spirito di parte e l’ideologia degli elettori americani”, Pew Research Center, 9 aprile 20204; Ballotpedia, “I democratici hanno perso 92 seggi legislativi statali durante la presidenza Biden”, Daily Brew, 10 marzo 2025.
    37. Michael Li e Gina Feliz, “I distretti competitivi che decideranno il controllo della Camera”, Brennan Center for Justice, 24 ottobre 2024,  https://www.brennancenter.org/our-work/analysis-opinion/competitive-districts-will-decide-control-house