
Il Centro studi per l’Autogestione vuole discutere, far conoscere e favorire l’autogestione e l’emancipazione delle classi subalterne, degli oppressi e delle oppresse, qualunque tipo sia l’oppressione, di classe, di genere, razziale.
L’auto-emancipazione, dalla Comune di Parigi alla storia recente, ha mostrato di essere l’unica forma politica capace di trasformare disuguaglianze e oppressioni in soggettività politiche in grado di esercitare il potere di difendersi, di cambiare la propria condizione e le società che hanno segnato con la loro presenza. Questa forma di esercizio del potere e della democrazia è l’unica che possa oggi essere credibilmente proposta come alternativa alla democrazia liberale, dalla cui crisi nasce un ciclo politico globale di destra sorretto spesso dal consenso popolare.
Il sistema economico dominante, nonostante dimostri di superare le proprie crisi e mantenga intatta la propria vitalità e capacità di espansione, si conferma un sistema ingiusto, basato sullo sfruttamento, in grado di assorbire, per i propri scopi, altre forme di dominio, come il patriarcato, di trasformarsi in capitalismo razziale e di seminare i germi di una catastrofe complessiva attraverso le guerre e la distruzione ecologica del pianeta. Vogliamo favorire la crescita di una cultura politica di classe che sappia integrare al suo interno la critica femminista, quella ecologista e quella contro il razzismo come componenti essenziali per una rivoluzione sociale.
La rottura tra liberismo e liberalismo non è un fenomeno nuovo, come nuovi non sono gli effetti che essa produce, in particolare una destra radicale, violenta, omofoba, sessista e anti-popolare. Bisogna tuttavia cogliere le varianti legate all’intera vicenda politica contemporanea. In modo particolare l’esistenza di un proletariato globale ha trasformato le forme di sessismo e di razzismo che tradizionalmente hanno diviso il lavoro salariato. Per il suo essere funzione dello sfruttamento e dell’oppressione del proletariato globale, consideriamo anti-razzismo e anti-sessismo parte integrante della lotta di classe, contro il parere di chi ancora contrappone diritti sociali e diritti civili.
Il razzismo fondato sulla biologia e il sessismo che esclude le donne non sono per il momento riproponibili. Al razzismo dei primi decenni del secolo scorso si sostituiscono oggi l’insistenza sulle differenze di cultura, anche se il tema della “sostituzione etnica” mostra il fondo di razzismo biologico che cova sotto quello della cultura. L’ipocrita difesa della libertà delle donne, soprattutto in funzione anti-islamica, si accompagna ai richiami alla maternità come dovere, ai ripetuti attacchi alle leggi che consentono l’aborto e all’indifferenza nei confronti dei problemi delle donne, quando queste diventano lavoratrici.
Contro il capitalismo e i suoi figli gemelli del sessismo e del razzismo sono state fatte formidabili battaglie, di cui si rischia di perdere la memoria, offuscata da una generale sensazione di sconfitta. Queste battaglie sono state anche vinte e hanno depositato un cumulo di conquiste e avanzamenti e soprattutto di esperienze che desideriamo contribuire a ricordare. Queste battaglie sono state certamente anche perse, ma a loro volta hanno depositato una “memoria dei vinti” il cui recupero ci sembra oggi essenziale.
Da molti anni sentiamo parlare di “nuovo inizio” e siamo consapevoli che non esiste più il movimento operaio come i meno giovani tra noi lo ricordano. Non esiste più uno specifico costrutto sociale, politico e culturale con i suoi sindacati, partiti, centri culturali, esperienze organizzative, dibattiti e lotte. E quando esistono sono solo nomi dietro i quali vivono realtà diverse dal passato. Da molti anni la retorica del “nuovo inizio” resta un’aspettativa delusa, anche perché le spinte alla resistenza e alle lotte si disperdono in segmenti diversi senza un epicentro sociale e culturale. Pensare, lottare e organizzare in un’ottica di convergenza di esperienze diverse e lontane è un compito di portata epocale, impossibile da realizzare senza un cimento di grande portata all’interno del quale ci impegniamo a costruire un segmento vitale.
Ci impegniamo in questa ricostruzione lavorando e sostenendo le esperienze di autogestione e autorganizzazione, il nuovo mutualismo, le forme di cooperazione democratica il sindacalismo conflittuale e democratico, forme di nuovo “poder popular”.
Al tempo stesso lavoriamo per costruire un nuovo immaginario , nuova cultura politica che rimetta al centro l’ipotesi del cambiamento sociale, della rivoluzione come opzione di libertà e di emancipazione.
Ci interessano le esperienze di autogestione conflittuale perché rappresentano un’occasione vitale per costruire lotte, esperienze esemplari, reti e collegamenti stabili, organizzazione, sperimentazioni “fuori mercato”. Per sperimentare pratiche di democrazia diretta, approdo inevitabile se si vuole difendere anche la stessa democrazia delegata ormai minacciata da forme di autoritarismo istituzionale funzionali alla stabilizzazione capitalistica.
A chi ritiene che il richiamo alla lotta di classe sia inopportuno perché il capitalismo ha mostrato di essere una bestia molto più vitale di quanto i suoi avversari hanno pensato, rispondiamo che gli effetti delle sue crisi sono stati tanto più disastrosi, quanto più la scienza, la tecnica e le ideologie dell’odio gliene hanno offerto gli strumenti. Più di un secolo fa Rosa Luxemburg parlò dell’alternativa tra socialismo e barbarie. La sconfitta del socialismo in Germania produsse la barbarie del nazismo, della guerra e della Shoah. In questa fase della storia l’alternativa è tra la possibilità di un altro mondo e la catastrofe sotto la forma di migliaia di testate nucleari e di disastri ambientali.
Vogliamo batterci anche perché una nuova soggettività politica del proletariato globale non si affronti attraverso operazioni di maquillage elettorale,o di astratta rappresentanza dall’alto, ma tramite l’alleanza e il confronto tra le varie forme in cui i subalterni e le subalterne si organizzano.
Vogliamo avere una dimensione internazionale del nostro agire , memori dell’insegnamento fondamentale della storia del movimento operaio, tra l’altro l’unico modo di contrastare efficacemente la guerra in tutte le sue forme, quell’internazionalismo la cui mancanza si è drammaticamente evidenziata nel corso della guerra in Ucraina.
Per questa ragione il Centro studi per l’Autogestione terrà una relazione diretta con l’International Institute for Research and Education di Amsterdam o con altre realtà come la francese Association pour l’autogestion anche con l’obiettivo di costruire un Centro per l’autogestione a carattere europeo.